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OTTONE MENATO (1909-1991)
Nato a Valdagno il 7 giugno 1909.
Fin da giovane entra nel Gruppo Scout Valdagno1 ° come esploratore, amico di Tarcisio Fornasa con cui ha condiviso parecchie imprese. In seguito alla chiusura del gruppo praticò un’intensa attività sportiva: calciatore, sciatore, scalatore e scopritore di nuove vie di roccia. Esplorò le piccole dolomiti dove ora sono a lui intitolate la Tosse Menato e il Vaso Ottone.
É stato Presidente della sez. locale del Cai negli anni '30-'35, e dell' Hockey Marzotto dagli anni '60 agli anni '64.
Funzionario stimato e apprezzato presso la manifattura Lane della Marzotto dal '32 al '69.
Avvicinatosi all'ambiente fascista fu Combattente volontario in A.O.I. (Africa Orientale Italiana la denominazione ufficiale dei possedimenti coloniali italiani nel Corno d'Africa, proclamata da Benito Mussolini il 9 maggio 1936 dopo la conquista italiana dell'Etiopia.) dal 1935 al 1937.
Nel settembre 1935, quando Ottone andò volontario in Africa Orientale inviava a La Vedetta fascista di Vicenza i suoi "peni" di spedizione su tipi, usi, costumi del paese di Amhara verso il confine sudanese o dell'amba di Uogherà ( le ambe sono montagne isolate di forma troncoconica dell'altopiano etiopico) nelle vicinanze del lago Tana dove la terribile stagione delle piogge portava allo spasimo la resistenza fisica e morale dei Legionari valdagnesi.
Lo troviamo nuovamente combattente in Africa settentrionale nel '40 e per questo decorato con due Croci bronzee per meriti di guerra.
Ferito in combattimento contro gli Inglesi, fu fatto prigioniero in India dal '40 al '46. Aveva il grado di tenente colonnello.
La sua vocazione, possiamo chiamarla così, alla scrittura sia di opere narrative sia, soprattutto,
giornalistica fu coltivata dagli incontri, durante la seconda guerra, quando fu fatto prigioniero e mandato in India, con giornalisti, Beppe Pegolotti (della Nazione di Firenze) e Nino Nutrizio (il futuro direttore de La Nazione) e il pittore e scrittore Enzo Benedetto, autore del Manifesto "Futurismo oggi" a cui anche egli aderisce; tali incontri e la scrittura furono anche un conforto alle forti tensioni e coercizioni psichiche del momento. Collabora e redige sia la rivista di arte varia "Alta tensione'', sia il giornaletto "Trampolino".
Dopo la guerra rientra alla Marzotto, all' Ufficio Pubblicità, e al suo lavoro accompagna la collaborazione, oltre che al Bollettino, anche alla pagina letteraria di alcuni giornali con
Cronache d'oltre mare (Gazzettino Sera-VE e Tempo nostro- ROMA - quindicinale di reduci delle classi 1908-1924).
Iscritto all'Albo nazionale giornalisti e pubblicisti, è stato corrispondente per 21 testate a livello nazionale (fra cui Il Giorno, Il Gazzettino, Il Giornale di Vicenza, La gazzetta dello
Sport); ha collaborato con altri giornali e periodici ed è stato redattore del Bollettino dei Lanifici Marzotto (Filo Diretto). Col suo spirito d'iniziativa aveva fondato il Notiziario ANLA
Valdagno, pubblicazione molto apprezzata in ambito locale per la varietà e la ricchezza delle informazioni contenute che andavano dalle notizie sulle pensioni e sanità alla
cronaca spicciola, passando attraverso le spigolature e i flash di storia locale.
Ma il fulcro della sua attività giornalistica, in cui ha dato il meglio di se stesso può essere considerato sicuramente "Il nostro Campanile", che fonda nel 1956 , dopo essere entrato
a far parte dell'Associazione PRO VALDAGNO e facendolo diventare l'organo di stampa della pro-loco presieduta allora dal Cav. Rino Marchetti.
Intorno agli anni Settanta si intensificano i suoi incarichi: già nel 1964 era stato eletto Presidente del Gruppo dei Lavoratori Anziani Marzotto. Viene eletto presidente
dell’Associazione Anziani per la Regione Veneto, consigliere nazionale della stessa associazione (ANLA) e Maestro del Lavoro.
Scrisse, oltre ai numerosi articoli, racconti, libri e poesie. La sua produzione di scrittore l'ha posto all'attenzione anche nazionale con libri e pubblicazioni che hanno ottenuto premi e riconoscimenti ambiti. Tra i pubblicati ricordiamo: “C’è sempre un po’ di luce”, “Latin lovers”, “L’Ontano”, “Scavi a Qumran”.
Una Ottone Menato biografia come Ottone Menato Alpinista Ottone Menato romanziere e poeta, Ottone Menato giornalista, la potete trovare Ottone Menato biografia.
Ebbe dal matrimonio con Annamaria Giulini (sorella del maestro Giulini) due figli. Si spense a Valdagno il 21 settembre 1991.
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Al momento non ho trovato una biografia completa di don Massimiliano ma solo alcuni episodi del periodo a seguire il 1922 relativamente al suo operato al “Ricreatorio” PIO X° di Valdagno e ai rapporti con il regime fascista.
A Valdagno ci sono vari episodi di repressione da parte del regime. Si racconta di azioni contro l'Azione Cattolica, l'oratorio Pio X° di Valdagno chiuso con filo spinato, un gruppo "la Rumba" di 6-7 ragazzotti, appassionati di montagna, viene arrestato dai fascisti e trasferito alle carceri di Vicenza, …vi sono valdagnesi condannati al confino etc..
I Valdagnesi, non è che per indole siano proprio antifascisti, ma certamente non mancano episodi decisamente spiacevoli.
L'unico episodio conosciuto che poteva segnare un potenziale diretto di conflitto tra il regime e la Chiesa locale è rappresentato proprio dalla figura antifascista di don Massimiliano Randon (chiamato dai ragazzi del tempo più affettuosamente "don Massimo").
In Oratorio, o meglio nel "Ricreatorio" di Valdagno, don Massimo ha la propria abitazione e pertanto, non vivendo in canonica, godeva di una sua autonomia di iniziative e svolge una intensa attività religiosa, fatta di incontri, per i giovani, di momenti di preghiera, attività di associazioni varie, almeno fino a che il fascismo non venne a porre dei limiti, anche al sacerdote.
Il sacerdote, accudito da una sorella che viveva con lui, era molto benvoluto dai giovani, pieno di iniziative, ma non altrettanto ben visto da parte degli esponenti dei fascisti locali per il suo spirito d'indipendenza.
Don Randon è fratello di Lino Randon, figura molto conosciuta soprattutto a Novale (i Randon abitavano nella zona dei Campassi, che allora dipendeva da Novale), maestro elementare prima di diventare dirigente in fabbrica e molto attivo nell'attività tra i giovani, anche per aver fondato assieme a Cipriano Guiotto lo scoutismo valdagnese, l'associazione cattolica più malvista dai fascisti tanto che fu poi soppressa nel 1928.
Il momento culmine di scontro di don Massimiliano con i fascisti locali, che ebbe poi conseguenze, fu in occasione di una festa per il Natale di Roma, il 21 aprile del 1927 e viene raccontato da Dino Reniero:
"Quel giorno era festa nazionale, le scuole erano chiuse, tutti dovevano partecipare alla sfilata celebrativa, ma proprio quel giorno don Massimiliano ebbe l'idea di organizzare una scampagnata, diremmo meglio una specie di gara, tutta a piedi, da Valdagno a cima Marana.
Questo non gli fu perdonato. Don Massimiliano ricevette minacce, dovette almeno un po' rimanere in disparte per sfuggirvi e la sua posizione a Valdagno divenne difficile. Fu allora che il vescovo di Vicenza ritenne più opportuno promuoverlo come arciprete alla sede di Villaverla."
Promoveatur ut amoveatur : La frase latina significa letteralmente «sia promosso affinché sia rimosso»
La nomina ad arciprete di Villaverla è, quindi, anche un modo di allontanare da Valdagno un prete che, oltre ad essere scomodo per il partito, esercitava grande influenza sui giovani.
Successivamente don Massimo e altri parroci furono ripresi anche da provvedimenti da parte del prefetto. il quale dopo aver ricevuto segnalazione di volantini e scritte sui muri tipo:
«Viva Cristo Re – Viva il Papa – Un solo Dio – Un solo Re – Viva il Sommo Pontefice», «Abbasso il Fascismo - Viva il Papa» «Vogliamo abbasso Mussolini», «Viva l’Azione Cattolica, abbasso le spie» etc.. dette conto di provvedimenti a carico di 14 parroci, ai quali fu applicata «la diffida ai sensi dell’articolo 164 della legge di P.S.
Essi sono: Don Paolo Bicego di Quargnenta; don Girolamo Fortuna di Cartigliano; don Angelo Zanchetta di Mezzaselva; don Tarquinio Bonomo di Altavilla; don Giuseppe Munari di Altavilla; don Girolamo Tagliaferro di Vicenza; don Giuseppe Lorenzoni [recte Lorenzon] di Vicenza; don Francesco Rossi di Campolongo; don Serafino Pavan di Asigliano; don Costante Martello di Camporovere di Roana; don Massimiliano Randon di Villaverla.
Il loro peccato fu che «prendendo spunto dalle pastorali vescovili, ed ispirandosi alla nota lettera del Vescovo di Vicenza diretta al Segretario Federale, hanno, a volte, anche dal pergamo e dall’altare, avute parole di protesta e di rampogna, azzardando pure qualche commento non perfettamente intonato, e sempre inopportuno, al momento politico»
Vedremo in seguito alcune sue “battaglie” con il regime fascista a difesa degli Scout Valdagnesi, riportate sulla stampa locale.
Rif. “Valdagno e i Marzotto” M. Dal Lago
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Mons. PEPATO DANTE
(1866-1935)
Arciprete
Nacque a Lonigo (VI) il 31 gennaio 1866, da Antonio e da Faustina Schiavo. A sedici anni entrò nel seminario diocesano e il 21 luglio 1889 fu ordinato sacerdote. Ebbe la nomina di curato a Lonigo, dove rimase nove anni. Nel paese natale, campo preferito del suo apostolato fu la gioventù per la quale aprì, vero pioniere nella diocesi, un oratorio festivo e un piccolo teatro.
Nel 1898 il vescovo Antonio Feruglio lo nominò parroco di Sarego e il 13 ottobre 1907 arciprete e vicario foraneo di Valdagno, che stava diventando uno dei principali centri tessili del vicentino.
La grande vocazione di Dante Pepato è sempre stata rivolta ai giovani.
Subito don Pepato istituì scuola materna e un patronato femminile affidati alle suore dorotee.
Alla fine del 1911 aprì, grazie al contributo di V.E. Marzotto, un oratorio doposcuola per fanciulli, condotto da religiosi dell'ordine dei Fratelli Maristi fatti venire dalla Francia. Durante le elezioni parlamentari del 1913 gli ambienti cattolici vicentini, e in particolare don Arena, criticarono duramente l'atteggiamento troppo "acquiescente" di don Pepato e del clero nei confronti dell'on. liberale Vittorio Emanuele Marzotto.
Durante la Prima Guerra Mondiale fu importante la sua opera di “sostentatore dei bisognosi, difensore dei deboli e consolatore degli afflitti”.
Subito dopo il conflitto l'arciprete acquistò l'antica osteria di Angelo Marzari, detto Marin, la ristrutturò e la ampliò adibendola ad Oratorio Pio X (attuale oratorio don Bosco).
Oratorio Pio X anni 20-30
Nel 1918 iniziò la costruzione del cinema-teatro "Utile e Dulci", su progetto dell'ingegner Ferruccio Chemello di Schio.
La sala, con trecento posti a sedere tra platea e loggione, fu inaugurata nel 1922 e fu la prima sala cinematografica dove, nel 1933, si proiettarono a Valdagno film sonori.
Ora il teatro è stato acquistato dalla Banca San Giorgio (BCC di Vicenza e Verona) che lo ha adibito a sede operativa mantenendo l’originale struttura.
Nel sinodo diocesano del 1920 fu nominato canonico onorario della cattedrale, con acquisizione del titolo di monsignore.
Nel 1923 istituì una biblioteca parrocchiale circolante.
Nel 1926 stampò il "Bollettino parrocchiale", organo mensile di informazione religiosa e civile.
Sempre in quell'anno intraprese il restauro della chiesa di Santa Maria di Panisacco e, per facilitarne l'accesso, coadiuvato da Ulisse Fornasa e dal dottor Mario Leonida Visona, si prodigò perché in luogo del sentiero che portava alla chiesetta venisse realizzata una scalinata di 235 gradini.
Negli anni Venti portò a termine radicali restauri all'esterno e all'interno del duomo di San Clemente.
Sul soffitto il pittore scledense V. Pupin realizzò due grandi affreschi e decorò la cappella della Madonna delle Grazie.
Nel 1927 fu inaugurata la cappella della Madonna di Lourdes, sempre decorata da Pupin e impreziosita con un elegante cancello in ferro battuto dell'artista trissinese Angelo Perlotto.
Nel 1928 venne elettrificato e revisionato integralmente l'organo, portandolo a 1100 canne distribuite in ventiquattro registri.
Nel 1931 promosse la nascita della associazione "Buona Stampa” per la diffusione dei periodici religiosi.
Monsignor Dante Pepato morì a Valdagno, dopo lunga malattia, il 1° marzo 1935.
Tratto da Dizionario biografico della Valle dell’Agno – Dal Lago M.,Fornasa S.,Trivelli G. - Cierre edizioni
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Don Luigi Soldà
n. Novale (Vicenza) il 30 marzo 1900 - M. Bassano 23 febbraio 1991
Insignito della Medaglia d'argento dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat il 2 Giugno 1969 per meriti scolastici.
Assieme a Don Randon fu promotore alla formazione del Gruppo Scout tra il 1922 e il 1926, partecipando alle attività nei brevi periodi in cui tornava dal Seminario Diocesano di Vicenza al paese natio.
Leggi la sua Bibliografia - Collegio Vescovile Graziani
foto diel Gruppo Scout Valdagno 1 "Virtus" - (1926)
scattata di fronte all'attuale abitazione custode - Oratorio "Don Bosco Valdagno"- allora Oratorio "PIO X"
da una biografia tratta dal libro "Collegio Vescovile GRAZIANI 1903-2013: Cento anni di impegno educativo " di Don Luigi Secco
Con Mons. Gabriele Migliorini ed il prof. d. Secondo Barban, Don Luigi Soldà è una delle tre persone più benemerite nell'impegno educativo del Collegio Graziani (Bassano) per avervi profuso la propria attività apprezzata ed incisiva per oltre cinquanta anni, principalmente come insegnante.
Nei primi giorni di aprile 1918 viene chiamato alle armi in zona operativa per gli ultimi otto mesi di guerra.
Nel 1920 si iscrive alla facoltà di ingegneria presso l'università di Padova.
Nel 1922 lascia gli studi universitari ed entra nel Seminario Diocesano di Vicenza per studiare Teologia.
Consacrato sacerdote il 18 luglio 1926, fu inviato dal Vescovo Rodolfi al Collegio Vescovile Graziani di Bassano dei Grappa per insegnare matematica e completare gli studi per la laurea in Scienze Naturali. Si è laureato in Fisica e Scienze Naturali all'università di Padova il 13.7.1928. Conseguì l'abilitazione all'insegnamento nel 1933 e fu iscritto all'Albo Professionale Veneto in data 23.3.1936.
Inizia il periodo bassanese che durerà 65 anni. Per oltre 40 anni fu insegnante di matematica in tutte le scuole Medie e nel Ginnasio superiore del Graziani e nel 1932-33 Religione all'Istituto Tecnico di Bassano dei Grappa. Incise notevolmente nella cultura e nella formazione di migliaia di giovani.
Si prestò anche all'insegnamento nel Seminario Diocesano in occasioni di emergenza, facendo la spola tra Bassano e Vicenza.
Svolse diverse attività ministeriali: durante la seconda guerra mondiale fu Rettore della Chiesa di S. Donato, attigua al Ponte Vecchio a Bassano, segnalandosi per le sue coraggiose opere di assistenza nei confronti dei bisognosi di ogni genere. La piccola Chiesa fu adibita in qualche occasione a dormitorio per fuggiaschi senza tetto.
Per 20 anni fu Cappellano degli Ospedali di Marostica prima, della Colonia Sanatoriale poi ed in fine della Divisione di Neurologia e di Lunga Degenza di Bassano. Il suo modo di stare con gli ammalati era del tutto eccezionale: sapeva invogliare al sorriso anche i più sofferenti e dava sicurezza con il suo modo sincero di essere solidale con il dolore altrui. Fece anche il Cappellano alla Casa Madre delle Suore della Divina Volontà.
Morì il 23 febbraio 1991.
Decorato di Medaglia d'argento dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat il 2 Giugno 1969 per meriti scolastici.
Il Comune di Bassano dedicò una via a Don Luigi Soldà vicino alla Chiesa di S .Donato.
In occasione delle nozze d'argento sacerdotali, il Direttore del Collegio Mons.Leone Carpenedo così mise in risalto la sua figura e le sue attività.
"Quando alcuni giorni fa ho stimato mio dovere inviare agli alunni del nostro Collegio vecchi e nuovi una lettera per invitarli a partecipare spiritualmente almeno alle nozze d'argento sacerdotali del nostro carissimo d.Luigi, mi dovetti preoccupare, dicevo, di non urtare la sua sincera e sempre egualmente scontrosa modestia.
Oggi, che la mia posizione mi obbliga a rivolgergli pubblicamente la parola, questa mia preoccupazione diventa ancora più grande: ma penso a buon conto che egli vorrà essermi indulgente per quel poco che dirò e per molto che non potrò dire, mentre una ricorrenza che arriva dopo un quarto di secolo ha pure le sue esigenze.
Sarò dunque breve ma altrettanto sincero.
Io son qui prima di tutto per interpretare i rallegramenti, i sentimenti di riconoscenza, gli auguri ed i voti dei Superiori, Colleghi ed Alunni del Collegio; poi anche quelli di tanti e tanti amici e conoscenti, che gli vogliono bene, e specialmente di questa Casa religiosa della Divina Volontà, a cui egli con sempre nuove energie prodiga la sua preziosa assistenza.
Qui non ho bisogno di certo di indugiarmi a far calcoli: i sentimenti di tutti sono spontanei e naturalissimi: per tutti, conoscerlo e volergli bene è la stessa cosa: è sempre stato così:
e se talora non fosse stato così, non sarebbe stato per colpa sua, ma per colpa di chi non lo conosceva.
Soddisfatto a questo primo dovere della circostanza a nome di tutti, personalmente io ne ho un altro: quello di rendere pubblica testimonianza della sua lunga, paziente, illuminata opera nel campo specifico del Collegio, che il Signore gli ha assegnato.
Egli è venuto qua, sacerdote novello, per insegnare matematica: fornito del titolo accademico nella matematica e nelle scienze, era l'uomo che ci voleva: ed il compianto Vescovo Mons.Rodolfi lo elesse come un figliuolo per l'istituto a cui voleva dar vita e splendore.
Ora che cosa ha fatto egli in questo suo campo di lavoro?
Professore di matematica! Tutti sanno e ripetono, anche per moda, che è questa una materia difficile e di sua natura la più antipatica ed ostica delle materie di studio. Né la cosa deve far meraviglia ove si pensi che essa deve fare continuo appello alle pure facoltà intellettuali degli alunni in una età in cui tali facoltà non sono spesso abbastanza mature, ed è invece violento il predominio della fantasia ed assillante il bisogno del movimento.
Ne consegue una situazione delicata e in certi casi veramente aspra sia per chi insegna, sia per chi deve imparare: compito ingrato agli uni, affare penoso per gli altri.
Ma alla scuola di D. Luigi che cosa è avvenuto? che cosa avviene sempre?
Gli alunni sono bensì preoccupati della difficoltà della materia, ma vanno a scuola sempre volentieri. Dalla esposizione sobria e lucida, dalla disciplina esemplare, dalla affettuosa comprensione, dalla assoluta imparzialità di giudizio del maestro tutti sentono che hanno nella scuola l'ambiente che fa per loro.
Lì si alterna l'arido calcolo dei numeri colla digressione scientifica, il duro traguardo dell'esercizio algebrico collo scherzo faceto, il premio immediato della lode pei diligenti o qualche sveglia scabrosa pei distratti: sorrisi e lacrime di tutti i giorni, ma sempre in tono festivo e con una conclusione sola: dove c'è il professore di matematica, i giovani corrono con affettuosa confidenza come si va a trovare il più obbligante degli amici.
E quando questi benedetti figliuoli sono usciti dal Collegio e son lontani, dopo un anno, come dopo venti anni, già professionisti e padri di famiglia, associano invariabilmente a tutti i ricordi del Collegio il ricordo di D. Luigi, per il quale non manca mai lo speciale saluto.
Spesso mi sono chiesto io stesso come mai si spieghi questo fenomeno così costante e così generale: ed altro non ho potuto dire a me stesso o al Superiore che mi chiedeva notizie, se non questo: quella è una scuola che risponde agli ideali della Chiesa; mentre da una parte è una vera scuola e deve garantire una salda istruzione scientifica, dall'altra è anche missione, cioè lavoro di anime. Lì l'intelligenza è accompagnata e riscaldata dal cuore, che genera il soffio perenne dell'amore; lì l'opera del maestro è continuamente mescolata e fusa con quella dell'apostolo, specialmente per anime più bisognose, con benefici riflessi e duraturi effetti sulla scienza e sulla fede.
Ma il tutto va spiegato solo ammettendo la presenza e l'inesausta attività dell'amore di Dio, che vive ed opera sempre al di sopra delle contingenze umane, che non ha accettazioni di persona, che vince i disagi materiali, che aggira gli stessi disturbi fisici, che santifica gli ostacoli morali più pericolosi dell'incomprensione o della sorda ostilità ... la presenza insomma della gemma più preziosa dell'anima sacerdotale: la carità.
Detto questo ci viene più facile spiegare tante altre cose che hanno adornato per venticinque anni il cammino di questo nostro confratello ed hanno fatto spuntare sui suoi passi tanti fiori di bontà e di religione. Portato anche da geniale istinto a lavorare tra i giovani, egli ha saputo sempre trovare per loro dei nuovi espedienti per tenerli uniti e farli divertire a spese del suo tempo libero e della sua borsa: ecco le proiezioni, fatte un po' dappertutto, - per istruirli nelle verità eterne: eccolo all'opera della Dottrina Cristiana parrocchiale o all'insegnamento della Religione nelle scuole pubbliche, quando questo non aveva altro premio che la benedizione di Dio; o per difenderli dai pericoli.
Quando nella troppo nota vicenda politica del fascismo i giovani, tutti i giovani si trovarono inquadrati in organizzazioni che non facevano certo professione di religione e tanto meno di attaccamento alla
Chiesa, colle conseguenze delle idee e dei costumi che è facile indovinare, ,eccolo là tra le feluche delle camicie nere, sempre pronto a contendere, quando ce ne fosse bisogno, il passo al diavolo, a tenere alto il diritto della Chiesa nella educazione della gioventù, a reprimerei tristi effetti dei cattivi esempi. Alla sua franchezza apostolica non mancarono i consensi e l'ammirazione di tutti. Si può pensare che tra i giovani egli trovasse pure le legittime soddisfazioni che può offrire l'età più bella, la primavera della vita.
Ma quali gioie poteva egli ripromettersi da una assistenza religiosa ai tubercolosi del sanatorio?
Pure egli ci fu e ci lavorò per anni quando non c'erano di certo comodità ed agi, ma c'era tutto da costruire. Quali miraggi di soddisfazioni o di interessi umani poterono allettarlo alla chiesetta di S. Donato, dove ebbe a compagni inseparabili i poveri, i derelitti, in momenti in cui era difficile per tutti assicurarsi anche il pane quotidiano?
"Sta attento, sai, mi diceva un giorno, col suo fine umorismo, Mons. Rodolfi, che per far carità ai poveri don Luigi ci venderà anche le scarpe e poi dovremo comprargliele noi!
"Ma chi lo può fermare" gli rispondevo.
E così fu che tra i poveri di S. Donato egli fu in momenti calamitosi come in vita di missione e confortò e aiutò e salvò quanti poté, lottando egli stesso col bisogno,tra i pericoli, fino a restare senza tetto. Ma quando se ne andò, se ci fuchi guardò sospirando ai ruderi della Chiesa diroccata e alla povera canonica deserta, più assai furono quelli che piansero per la partenza del padre dei poveri. Questo, o amici, è il sacerdote che celebra oggi tra noi le nozze d'argento della sua consacrazione sacerdotale.
Quando io, 25 anni or sono, ebbi la fortuna di accompagnarlo insieme con gli altri suoi compagni per la grande cerimonia alla Cattedrale, non potevo certo immaginare che mi sarebbe toccato anche la sorte di rendere pubblica testimonianza della sua attività sacerdotale in questa occasione, ma fin da allora ero ben sicuro, come suo Superiore, della integrità della sua vita, della santità dei suoi propositi non meno della capacità di tradurli in atto.
Ora vedo con legittimo e santo orgoglio che la storia mi ha dato ragione. Sia benedetto Iddio in queste grandi opere della sua grazia: e voglia Egli prolungarla nel tempo conservando a questo nostro dilettissimo confratello per molti e molti anni ancora le giovanili energie e le meritate consolazioni dell'apostolato."